Géricault senza confini

Théodore Géricault è un artista difficile da classificare, le sue opere affrontano tematiche che spaziano dal Classicismo, al Romanticismo approdando al Realismo. Nato a Rouen il 26 settembre 1791 in una famiglia facoltosa che pochi anni dopo si trasferisce a Parigi dove riceve un’ottima formazione e sviluppa presto le sue passioni artistiche e militari, entrambe legate all’amore per i cavalli, soggetto che ama rappresentare nelle sue opere. Inizia il suo apprendistato artistico negli atelier di Carle Vernet e Pierre-Narcisse Guérin, completando gli studi alla Scuola di Belle Arti di Parigi.

Théodore Géricault, Ufficiale dei Cavalleggeri della Guardia imperiale alla carica, 1812, Parigi, Louvre

Il suo primo successo fu la grande tela con l’Ufficiale dei Cavalleggeri del 1812, il cavallo è pieno di “fuoco” e il cavaliere appare sicuro di sé, un vero eroe napoleonico che si staglia su un cielo metallico che racconta il fragore dei cannoni e della battaglia suggerita dalle silhouette avvolte dalla polvere in basso e a destra rispetto al corpo del cavallo impennato.

Qualche anno dopo si reca in Italia per studiare l’arte rinascimentale, ammira particolarmente Michelangelo e Tiziano, ma a Roma studia anche Rubens e incontra Ingres. Tornato a Parigi mette in pratica le lezioni italiane in quello che indubbiamente è ritenuto il suo capolavoro: la Zattera della Medusa.

Théodore Géricault, La zattera della medusa, 1819, Parigi, Louvre

La zattera della Medusa

Géricault decise di rappresentare una tragedia contemporanea: nel giugno 1816, la nave francese Méduse navigava nell’oceano verso il porto senegalese di Saint Louis. Il capitano era alle prime armi e doveva verificare che l’Inghilterra avesse restituito la colonia del Senegal alla Francia secondo il trattato di Parigi del 1783.

La Méduse, il  2 luglio 1816, si incagliò su un banco di sabbia al largo della Mauritania e l’equipaggio, dopo aver tentato invano di disincagliare la nave, scelse di mettersi in salvo con i passeggeri su alcune scialuppe. Tuttavia 147 persone non trovarono posto e furono costrette a salire su una zattera di fortuna, che presto affondò parzialmente e venne abbandonata. I passeggeri sulla zattera affrontarono una situazione difficilissima, alcuni morirono subito, gli altri vagarono in mare privi di risorse e dopo nove giorni per sopravvivere ricorsero al cannibalismo. Il 17 luglio furono soccorsi da un’altra nave e infine fecero ritorno in patria solo 15 sopravvissuti. La notizia colpì profondamente l’opinione pubblica e rappresentò un grave scandalo per la monarchia francese appena restaurata.

Nel suo grande dipinto “La zattera della Medusa” , Géricault rappresentò il momento in cui i naufraghi esausti scoprono in lontananza le vele della nave salvatrice. Per realizzarla il pittore fece prima un’ampia e analitica ricerca, dipingendo diversi dettagli anatomici, primi piani realistici ed espressivi e studi del mare in tempesta. Il materiale raccolto gli permise di raccontare con implacabile fermezza, i dettagli orrendi di un’immensa carneficina. Nell’opera è presente anche lo studio attento dei nudi di Michelangelo nella Cappella Sistina, di Raffaello nella Trasfigurazione e per l’aspetto luministico il riferimento è Caravaggio. Oltre alla lezione italiana nella Zattera ci sono richiami diretti a David e La morte di Marat, alle enfatiche battaglie napoleoniche di Antoine-Jean Gros e all’incisione di Füssli sul Conte Ugolino.

Quest’ultimo riferimento e rintracciabile nell’uomo in primo piano sul lato a sinistra, mentre sorregge il cadavere del figlio, con un’espressione cupa e priva di speranza che si differenzia dagli altri naufraghi ancora in vita,

Dettaglio della Zattera della medusa

intenti a osservare l’orizzonte dove appena visibile si scorge la nave che li porterà in salvo. Il groviglio dei corpi sulla zattera è organizzato in una composizione piramidale, sui volti sono presenti vari atteggiamenti: terrore, speranza e stupore. L’insieme dei gesti e degli sguardi crea un movimento ascendente che culmina nel movimento del personaggio che in alto agita un panno colorato per farsi notare dai soccorritori. L’orrore della scena è intensificato dalle scelte cromatiche di Géricault: i cadaveri pallidi e il grigio metallico del mare in tempesta.

Gli alienati

Il percorso verso la modernità dell’artista si conclude con la serie degli Alienati dipinta nel 1822, ritratti in cui realismo e capacità di introspezione psicologica sono davvero notevoli.

T. Géricault, Alienata con monomania dell’invidia, Lione, Museo delle Belle Arti

Già durante il lavoro di ricerca per la Zattera Géricault si era interfacciato con medici esperti che avevano reso più efficace la sua capacità di rappresentare follia, delirio e allucinazione sui volti umani; dal 1821 su invito del dottor Étienne-Jean Georget si dedicò alla rappresentazione degli alienati del celebre ospedale psichiatrico della Salpêtrière di Parigi. Gli sguardi dei soggetti sono sempre obliqui, non guardano verso il pittore o l’osservatore ma sono persi nella propria ossessione come nel caso della vecchia Alienata con monomania dell’invidia, dagli occhi iniettati di sangue e l’espressione malevola. Tuttavia Géricault si accosta agli ammalati con rispetto, senza evidenziare superiorità ma anzi con umana partecipazione e così nei dipinti della serie il confine tra il patologico e il normale diventa molto sfumato e ci conduce verso il Realismo.

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