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Arte al femminile
Le donne sono un soggetto dominante nell’arte fin dai tempi preistorici: rappresentate come fanciulle, madri, dee e seduttrici hanno sempre stimolato l’immaginazione e la creatività di generazioni di artisti. Molto più rare le donne che hanno praticato l’arte. Nell’antichità abbiamo solo i nomi citati da Plinio il Vecchio nell’Antichità o da Boccaccio nel Medioevo: Timarete, Kalypso, Hirene, Aristarete, Iaia e Olympas.
Non ci restano opere o forse, più verosimilmente, non siamo in grado di sapere se l’anonimo autore di un’opera sia un uomo o una donna in quanto per secoli, fino all’età rinascimentale firmare un’opera non era una prassi comune. Tuttavia nel Medioevo le donne dipingevano e a loro volta spesso venivano “ritratte” in scene miniate come quella di Timarete o nel manoscritto realizzato dalla famosa Ildegarda di Bingen che si autoritrae in un angolo della pagina miniata.
In età moderna le donne pittrici sono più frequenti ma solo poche raggiungono una fama tale da arrivare fino a noi; nel nostro blog sono state spesso presenti e oggi ne vogliamo ricordare alcune a partire dalla famosissima Artemisia Gentileschi, celebrata in questi giorni in una splendida e imperdibile esposizione a Napoli, capace di raccogliere con eccezionale impeto la grande lezione di Caravaggio.
In questo spazio abbiamo accolto anche Sofonisba Anguissola, artista cremonese che nel XV secolo dipinse molti ritratti e riuscì con caparbia a scalare i vertici della società dell’epoca pur provenendo da una famiglia modesta.
Lavinia Fontana, manierista emiliana, famosa ritrattista e autrice di notevoli opere con tematica biblica di cui abbiamo parlato tempo fa nel nostro blog.
Rosalba Carriera che con le sue opere esprime con ineguagliabile delicatezza la società veneziana rappresentata nelle commedie di Goldoni
e infine la rivoluzionaria e raffinatissima Tamara de Lempicka che ci ha raccontato in una serie di articoli il nostro storico dell’arte preferito: Filippo Alberto Musumeci.
Buon 8 Marzo!
Omaggio a LAVINIA FONTANA (Bologna, 24 agosto 1552 – Roma, 11 agosto 1614)
E’ triste dover ammettere che le donne sono da sempre state relegate in un ruolo minoritario anche per quanto riguarda l’arte. Oggi viviamo tempi migliori, tuttavia il rapporto è ancora decisamente a sfavore delle donne che riescono ad acquisire posizioni di rilievo nel mondo dell’arte, o della scienza o della politica. Nei secoli passati una donna che si dedicava a qualcosa di diverso dalla casa, dai figli e dal marito era decisamente un unicum. Tra le rare donne che hanno sfidato consuetudini, pregiudizi e diffidenza per dedicarsi all’arte una delle più geniali e fortunate è sicuramente la bolognese Lavinia Fontana.
Lavinia è figlia di Prospero Fontana, anch’egli artista di notevole qualità, soprattutto come ritrattista, qualità che gli valse la raccomandazione di Michelangelo al pontefice. L’apprendistato della nostra pittrice comprende non solo la lezione paterna ma anche quella dei più famosi Carracci, di Sofonisba Anguissola, di Parmigianino e dei veneti Bassano e Veronese. All’atto di prender marito Lavinia impone solo una condizione: poter praticare la pittura. Lo sposo, Gian Paolo Zappi, è artista anch’egli ma ben presto diviene una sorta di agente della moglie, ben più virtuosa e abile in diversi generi pittorici. Lavinia Fontana non si limita alla ritrattistica, realizza opere con finalità liturgiche, allegorie pagane e scene bibliche. Opere di piccole dimensioni, realizzate su rame, con precisione certosina come l’autoritratto nel tondo inserito nelle righe precedenti, ma anche pale d’altare destinate alla devozione dei fedeli come la Consacrazione della Vergine:
Il ritratto resta in ogni caso il campo in cui Lavinia Fontana si distingue decisamente. I suoi volti riproducono con cura le fisionomie, senza dimenticare di trasmettere le qualità interiori dei rappresentati e di accogliere con estremo dettaglio gli elementi caratterizzanti della moda e del gusto del tempo. Vediamo alcuni deliziosi esempi:
Il particolare del cagnolino non è solo allegorico (fedeltà) ma è delicatamente tenero, curatissimi i dettagli sia dell’acconciatura che dell’abito, copiosi i gioielli raccontano tutto il prestigio di questa dama che non a caso può permettersi i servigi di Lavinia. Ma la nostra pittrice si interessa anche a soggetti esteticamente meno promettenti, tra le sue opere c’è infatti un ritratto stupefacente di Antonietta Gonzales, la discendente di una famiglia aristocratica affetta da una rara bizzarria genetica per cui la cute è ricoperta di pelo:
Le opere di Lavinia hanno davvero molto da raccontare ma mi piace l’idea di finire questo breve intervento con la raffigurazione più caratterizzante delle donne pittrici del tardo manierismo: Giuditta con la testa di Oloferne.
L’ambientazione cupa ritorna anche nella figurazione famosissima di Artemisia Gentileschi, sicuramente più drammatica e caravaggesca e molto meno decorativa di quella della collega bolognese.