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Tutta la magia di Leonardo ritrovata

L’Adorazione di Leonardo torna ad essere visibile ai visitatori degli Uffizi. Opera incompiuta che tuttavia ci dice molto, e adesso ancor di più, del modo di operare del grande maestro rinascimentale. L’evento legato alla fine dei restauri si avvia al termine, Il cosmo magico di Leonardo da Vinci: l’Adorazione dei Magi restaurata , sarà visibile fino al 24 settembre.

Gli Uffizi, Firenze

 

Questione di caratteri

La nostra cara amica e collaboratrice Monica Benoldi ha appena visitato l’interessante mostra “Questione di caratteri” del Maestro Gianfranco Adorni presso Albinea (RE) e ha gentilmente condiviso le sue interessanti considerazioni a riguardo inviandoci il seguente articolo.

Per chi come me ha studiato al Dams di Bologna negli anni ’90 e ha seguito le lezioni del celeberrimo professor Renato Barilli, vero spauracchio e spartiacque per chi era indeciso se proseguire o meno negli studi di Storia dell’Arte (se eri poco convinto, ci pensava lui a farti cambiare facoltà in fretta e a convincerti che la Storia dell’Arte era ed è una disciplina rigorosa e scientifica quanto la matematica), non sarà una novità il titolo “La galassia Gutenberg”, testo fondamentale di Marshall McLuhan, sull’importanza dell’invenzione della stampa a caratteri mobili, che cambiò il mondo fra 1400 e 1500.
Negli anni a cavallo di quei due secoli, che rappresentano per noi il Rinascimento Italiano, vi fu una straordinaria combinazione di avvenimenti per cui il mondo Occidentale divenne quello che noi oggi conosciamo.
Da un lato, dalla Spagna, importata dal mondo arabo, giungeva la carta, quindi un supporto economico e leggero che apriva la strada alla pubblicazione di libri senza costi eccessivi; dall’altra il tedesco Johannes Gutenberg inventava la stampa a caratteri mobili, quindi ennesimo tassello per facilitare la creazione di scritti, senza bisogno dei frati amanuensi.

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Gutemberg

Fino a quel momento in Europa si usava la pergamena, più correttamente la “carta pecora”, ossia fogli sottilissimi di pelle di pecora, appunto, su cui i frati amanuensi riportavano più che altro testi sacri e vite di santi.
Non stiamo a ricordare che il tasso di analfabetismo fra la popolazione era altissimo e che comunque i libri dovevano passare la censura della Chiesa, questa combinazione di eventi cambiò comunque la storia dell’Occidente.
Non solo per la pubblicazione dei libri, ma perché l’invenzione di Gutenberg apriva la strada all’uomo cartesiano e alla prospettiva a piramide rovesciata che Leon Battista Alberti aveva già anticipato e ben descritto nel suo “De prospectiva pingendi”, del 1482, ossia quella conosciamo noi e su cui si basa la macchina fotografica e il nostro stesso occhio. Finalmente, grazie a Leon Battista Alberti e a Gutenberg, la pittura bidimensionale sfondava lo spazio e rappresentava la terza dimensione: il volume.

Ebbene, tutte queste considerazioni mi sono tornate alla mente ieri, nel momento in cui sono andata alla mostra di un artista che io conosco da una vita come vicino di casa.
Questo elegante signore, dai modi sempre garbati, grande appassionato di arte, espone ora ad Albinea (RE) una mostra di sue opere. Da ragazzo a Milano aveva fatto il tipografo, aspetto della sua vita che ignoravo, perché quando la mia famiglia ed io lo conoscemmo, aveva uno splendido negozio di fiori sulla Via Emilia in centro a Reggio.

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Egli ha compiuto un’operazione interessantissima, per cui ha recuperato i cliché, le lettere, i simboli grafici della sua attività di tipografo e li ha assemblati in opere che mi hanno lasciato a bocca aperta. Mentre le guardavo, risentivo la voce squillante di Barilli che ci spiegava “l’uomo tipografico” creato dalla “Galassia Gutenberg” del grande genio canadese McLuhan, anticipatore pionieristico dell’importanza della comunicazione e coniatore dell’espressione “mass media” (“media si legge com’è scritto, è latino, non venite all’esame a dirmi mass midia perché vi boccio”, tuonava il Barilli), nel 1960.

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In queste opere c’è tutto l’amore per un mestiere da artigiano (nel senso più nobile della parola: artista e artigiano hanno la stessa radice etimologica) che sta scomparendo grazie o a causa del digitale, dipende dai punti vista.
Ma non vi è solo questo: alla base, secondo il mio punto di vista ovviamente, ho scorto anche una ricerca concettuale per andare oltre al figurativo, ma senza sfociare nell’astratto. Infatti, Adorni prende le lettere e le incasella come andava fatto per stampare: al contrario giustamente e le inframezza di simboli o cliché, per cui il fruitore è obbligato non solo ad abbandonarsi alla dimensione della mera osservazione, ma anche a scorgere il nesso fra la scritta composta dai caratteri e i simboli. Quindi sì, parole in libertà, per citare Filippo Tommaso Marinetti, ma sempre con un senso ben preciso.

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Sarei bugiarda se non ammettessi che alcune mi hanno proprio emozionata, come ad esempio “Linea gotica” dove i caratteri vengono inframezzati meravigliosamente da una radice di albero ed in mezzo alle lettere si scorge la svastica, alcuni proiettili ed altri simboli legati al disastro della Seconda Guerra Mondiale.

lineagotica
Come davvero interessante ho trovato un pannello con i vecchi simboli dei partiti ante 1992, separati da aggettivi che in effetti, ben descrivono quello che poi abbiamo scoperto negli anni.
Insomma, una mostra da vedere, peraltro, il caso vuole che si svolga alla Biblioteca Comunale di Albinea, dove Adorni svolge attività di volontariato rilegando i vecchi libri sciupati. Un amore incondizionato per il cartaceo che, al di là dei nuovi mass media, merita un grande rispetto.

Monica Benoldi

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Un anno su Parnaso

Tra qualche settimana raggiungiamo un importante traguardo: un anno di presenza del nostro blog sulparnaso.wordpress.com e della nostra pagina FB.
Vogliamo in quest’occasione dare più spazio ai giovani artisti e per cui, dal 12 al 31 ottobre, dedicheremo, ad ogni artista che ci invierà una o più immagini delle sue opere e una sua breve descrizione entro il 30 settembre, una pagina del nostro blog e qui su FB.
Inviate tutto a sulparnaso@gmail.com

LA BELLEZZA DEL CORAGGIO

LA BELLEZZA DEL CORAGGIO

d Filippo Musumeci

Mezzanotte alle porte, ove il dì muore e l’altro scorre.
Entro mute pareti di quartiere il cadenzato vissuto retablo,
in cuor suo, fiacco di gesti vani e pensieri oziati.
Desìo del segno copioso, che scuoti il nervo con tratto distorto
e di razzia sia dell’arcigna viltà invitta.
Tempo malsano, spazio svuotato, bieco disincanto.
Ove febbrile danza di fecondi sguardi,
di acuti interscambi, di folgori illuminanti? (Filippo Musumeci)

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A te il mio pensiero, caro Oscar, nel fitto blu di questa notte, rischiarato solo a tratti dall’artificio delle urbane luci, tra alternati cigolii motori incisi sull’asfalto da ignote viventi figure. Un sibilo e un altro ancora… poi, il silenzio, presto spezzato. Quella morsa al petto ti opprime e non l’arresti; sadica ti sfida e sadica s’imprime, ora, mentre tace il domestico focolare.
A te il mio De Profundis con le medesime tue parole, poiché «la sofferenza (per quanto ciò ti possa apparire strano) è ciò che ci tiene in vita, poiché essa è l’unico modo che abbiamo per avvertire la vita». E per avvertire codesta vita rimetti ogni dovuta speranza, ogni labile ambizione, nelle mani di altri simili che il caso o fato ha posto guardingo al tuo cospetto, pronti, loro, a edificare l’irrevocabile giudizio sul tuo operato che non puoi declinare, che non puoi ignorare.
Da qui la mossa con cui ti giochi la tua credibilità. Tre soli imperativi: convincere, emozionare, stupire. Costi quel che costi, perché tu stesso m’insegni che «esistono due modi per non apprezzare l’arte. Il primo consiste nel non apprezzarla. Il secondo nell’apprezzarla con razionalità.»
Bernard Berenson era lapidario: «credo che un vero amore per l’arte sia un dono, quanto il crearla; e può anche essere che entrambi scaturiscano dalla stessa sorgente.»
Sagge parole! Ma se del dono si è privi (e non di rado) la sorgente ne risulta arida e spetta a chi di dovere alimentarla con nuova enfasi e nuova esperienza.
Ricordi quando dicesti che «Respingere le proprie esperienze significa arrestare il proprio sviluppo. Rinnegare le proprie esperienze significa mettere una menzogna sulle labbra della propria vita»?
E di tale esperienza il tuo fantasma assiso mi dice di far tesoro senza “ma” e senza “se”, seppur dei miei limiti non faccio mistero.
Medita studente, medita!! Perché la nostra epoca è fuggente quanto vana; predica bene e razzola male; propina stereotipi effimeri, come effimeri gli effetti che ne verranno.
L’amico Oscar continua a ripetermi imperterrito che «le cose sono nella loro essernza quel che noi vogliamo fare di esse. Quel che una cosa è dipende dal modo in cui la guardiamo». Ed io voglio guardare ancora a questa bellezza che di me fa una persona migliore; voglio ancora ardere nei piaceri dell’arte, sentirne l’odore e assoporarne il sapore insaziabilmente. Di questo coraggio morale ho bisogno. Ma ciò «potrà avvenire solo se lo accetterò come parte inevitabile dell’evoluzione della mia vita e del mio carattere».
Su questo punto siamo d’accordo, caro Oscar. È coraggio, infatti, quello di briosi studenti, come molti incontrati, che dalla massa conforme cercano fuga e forgiano l’alternativa solida e lungimirante, poiché essa è possibile ancora!
Al dì, coloro compiono il passo cadenzato varcando la soglia di un fabbricato che dell’usura del tempo porta in sé segni evidenti, ma, da questi, vissuto come scrigno del sapere e giammai come penitenziario. Muniti d’intriso garbo non arretrano e sfidano la prova, come molti, più degli altri. Allievi poco lenti e tanto rock, con un sorriso così: di quelli che ti stendono e che a raccimolarne i cocci di quell’uggioso umore che indossavi curvo all’alba, appena ridestatoti, si fa fatica, poi, rimodellare.
Il loro è coraggio morale! Quello delle grandi occasioni; da aggiudicarsene il lotto all’asta con tenace astuzia, poiché se n é compreso il vero valore, al di là d’ogni irragionevole dubbio. Il loro è l’esempio di una svolta possibile e concreta, purché sentita e vissuta senza remora alcuna. Di questa bellezza si ha disperato bisogno! Di queste opere viventi in controcorrente se ne sente la presenza al pari di un caldo e stretto abbraccio nella gelida superficialità – senza distinzioni d’età anagrafica – di sboccati eccessi, tutti in marcia alla conquista di “carni di bambola”.
Rimembro commosso le felici scelte di Sara, Noemi e Giulia (prossime e brillanti docenti di Storia dell’Arte); di Elisa, Nichol e Irene divise tra Architettura e Accademia. Rimembro altrettanto commosso Omar, Carlo Maria, Serena, Silvietta & Co., che pur avendo intrapreso altre strade non mancarono, anni or sono, di entusiasmarsi sinceramente in quel di Roma dinanzi alle eterne vestigia dell’Impero Romano e alla gloria della Renovatio urbe Romae condotta da Bramante, Raffaello, Michelangelo, Fontana e seguenti. Si sentirono spettatori delle scenografiche creazioni di Bernini, Borromini e Cortona; ed esterefatti rimasero, poi, al cospetto delle scene immortalate da quel genio che è l’altro amato Michelangelo… il Merisi da Caravaggio.
Onore a voi tutti, cari studenti, al vostro ardire, al vostro ardore, per cui ci si spende in pensieri e parole affinché tutto non fugga via e sia vano, ma evolutivo.
Onore per le “notti insonni” trascorse a capo chino su volumi corposi e ostici tra l’andirivieni di pesanti dolenti palpebre, mentre tutto fuori è chiassoso rumore, condannato a spegnersi senza sconto né alcun clamore.
Onore al vostro etico coraggio, che di Aristotele n è degno figlio quando questi chiosò che il singolo «temerà, dunque, anche le cose a misura d’uomo, ma vi farà fronte come si deve e come vuole la ragione, in vista del bello, perché questo è il fine della virtù».
Oscar sta per lasciare queste quattro mura e ritornare all’Olimpo dei “Superiori”, non prima, però, di regalarmi l’ennesimo sguardo e un ultimo saluto, che entrambi ricambio.
– A presto, amico mio! Ci si rivede, non dubitarne!! Sei ancora giovane, mentre io porto il fardello dei secoli già andati. Lord Henry non fu, certo, uno stinco di santo, lo sappiamo bene, e lo stesso Dorian ne pagò le conseguenze sulla propria pelle. Tuttavia disse anche cose sagge, come questa che ti lascio e che potresti rivolgere ai tuoi studenti: «Oggigiorno la gente ha paura di se stessa. Tutti hanno dimenticato quello che è il più alto di tutti i doveri, il dovere che abbiamo verso noi stessi».

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