
L’idea del nudo
I Greci vivevano in un mondo abitato di immagini e un buon numero di queste erano figure nude maschili. Il fatto non dovrebbe sorprenderci perché oggi viviamo nell’era dell’immagine e, tuttavia, ci sono delle profonde differenze in quanto le nostre rappresentazioni sono apparizioni rapide e fugaci, mentre quelle greche erano immaginate per rendere eterni i protagonisti o rendere protagonisti “eterni” come le divinità. Inoltre l’opera d’arte nell’antichità, in particolare la statua di una figura, era qualcosa di vivo e partecipe nella vita sociale quotidiana: Atena in marmo pronta ad attaccare con la lancia era ritenuta davvero un baluardo contro eventuali nemici.

Le figure nell’arte greca erano il soggetto predominante, solitamente nude o vestite, in modo che le loro caratteristiche fisiche fossero visibili, traducevano l’attitudine della civiltà delle poleis a mettere al centro di ogni attività politica l’incontro tra persone e talvolta lo scontro tra persone; se una questione non poteva essere risolta con il dialogo si doveva usare il corpo, lo scontro fisico, la guerra. Questo ci fa capire quanto il corpo bello e sano fosse importante e come da ciò scaturisca il concetto base dell’estetica greca “Kalos kai agathos” – bello e buono – caratteristiche del soggetto al vertice della società “democratica”, che doveva essere dotato di agilità, vigore e bellezza per poter competere al meglio in combattimento o nelle gare olimpiche.
Gli atleti

Le raffigurazioni di atleti, così frequenti nell’arte greca, sono legate al culto del bel corpo, appena descritto, e a quella pratica di iniziazione dei giovani attraverso la relazione omoerotica con un uomo adulto che non era tanto una pratica sessuale quanto sociale, tipica dei ceti egemoni; partendo da questi presupposti molti capolavori dell’età classica sono queste figure nude realizzate con uno straordinario livello tecnico e con studio attento dell’anatomia.
La stilizzazione dei periodi più arcaici si diluisce sempre più a favore della ricerca di naturalezza, i kouroi e le korai acquisiscono gradualmente dinamicità e realismo, pur restando nel canone delle proporzioni matematicamente calcolate che permettevano alle figure di raggiungere armonia e bellezza. Nel V secolo a.C. lo sperimentalismo di forme scultoree sempre più ardite, nel rappresentare il corpo in azione, si traduce in opere come quelle di Mirone, l’autore di una delle statue di atleta più famose: il Discobolo. La tensione degli arti si rileva nella flessione in avanti degli arti inferiori contrapposti alle braccia e alla testa piegate all’indietro nello slancio della prova. Le forze opposte realizzano un equilibrio assoluto nel tempo e nello spazio.

Il gioco delle forze opposte diventa perfetto e insuperabile nell’opera di Policleto che nella figura stante del Doriforo, probabile rappresentazione di Achille, segue uno schema contrapposto: la gamba libera poggia solo la punta del piede e, il braccio ad essa corrispondente, stringe la lancia ed appare quindi contratto per lo sforzo, dall’altra parte, alla gamba, su cui poggia tutto il peso, corrisponde il braccio rilassato.

Policleto riesce a conciliare dinamicità e staticità nella figura del chiasmo. Si tratta di una esplicita rappresentazione delle sue teorie esposte nel Canone, il trattato in cui Policleto definì il suo concetto di bellezza. La fortuna del Doriforo è testimoniata non solo dalle numerose copie romane ma anche dall’utilizzo dello stesso schema per la realizzazione della statua-ritratto ufficiale dell’imperatore Augusto vestito di corazza e con il braccio levato.

Gli originali
Non è semplice stabilire gli snodi temporali dell’evoluzione della statuaria nell’antica Grecia, anche perché buona parte degli studi deve prendere in esame delle copie di epoca romana. Sappiamo che gli originali erano in bronzo e tale materiale è stato spesso soggetto a pratiche di fusione per la creazione di altri oggetti. Il ritrovamento dei Bronzi di Riace, nel 1972, ha per questo motivo un valore eccezionale .

Le figure rappresentano probabilmente guerrieri eroici, realizzate nel V secolo a.C., con dimensioni molto simili ma leghe differenti, risentono nelle proporzioni allungate delle caratteristiche del periodo severo ma la presenza delle forze contrapposte è indice che la “ponderatio” del Canone di Policleto non è molto lontana.

La statua A rivela una maggiore tensione sia nel volto contratto con i denti digrignati che nel corpo dalla muscolatura più evidente e in procinto di agire con impeto violento. Anche la capigliatura appare quella di un uomo più giovane e vigoroso, forse Aiace o un atleta vincitore.

La statua B evidenzia una minore tensione, rappresenta un uomo più posato, con una forza che è più interiore che esteriore, come doveva essere l’uomo greco vincitore dei barbari ma posto davanti alle nuove sfide del mondo greco la cui forza, la democrazia, era anche la sua maggior debolezza.
Bibliografia
- HÖLSCHER T., Il mondo dell’arte greca, Giulio Einaudi editore, Torino, 2008
- BEJOR G.; CASTOLDI M.; LAMBRUGO C., Arte greca: dal decimo al primo secolo a.C., Mondadori, Milano, 2013
- SETTIS S., I Greci: Storia Cultura Arte Società, vol. II, Giulio Einaudi editore, Torino, 1997