Il gruppo scultoreo depredato e ceduto illegalmente, prima in Svizzera e poi negli USA, torna a casa nel Museo Archeologico di Taranto. Un motivo in più per visitare o rivisitare il MARTA.
Il gruppo scultoreo di Orfeo e le sirene è tornato a Taranto nella splendida cornice del MARTA, il principale Museo Archeologico della Puglia, con una raccolta di ceramiche, sculture, elementi architettonici e gioielli davvero unica e imperdibile che parte dall’epoca preistorica per arrivare all’Alto Medioevo, con particolare rilevanza dei reperti risalenti all’età d’oro di Taranto tra il V e il IV secolo a.C.
Il mito
Orfeo e le sirene è costituito da tre statue in terracotta con tracce di colore, delle stesse dimensioni di figure umane reali. Rappresenta il mito del trionfo dell’armonia contro la voce annichilente delle sirene, che ipnotizza e trascina le persone verso l’abisso. Questa storia è conosciuta fin dai tempi di Omero tramite la tradizione orale e ha ispirato poeti come Mimnermo e Pindaro. L’intera narrazione è riportata nell’opera di Apollonio Rodio, le Argonautiche. Il protagonista, Giasone, parte da Argo accompagnato da numerosi eroi. Il suo maestro, il centauro Chirone, gli consiglia di portare con sé anche il poeta Orfeo per assicurarsi il successo della sua impresa. Con la sua musica, il mitico cantore placa le dispute tra i marinai, li protegge costantemente e addirittura regola il ritmo dei remi, trasformando il loro movimento in un’armonia cosmica. Grazie alla lira di Orfeo, l’avventura degli Argonauti diventa un evento leggendario che si svolge al di fuori del tempo, acquisendo un significato mitico di fondazione e civilizzazione.

La navigazione assume un carattere archetipico in quanto la nave affronta il mare in una dimensione atemporale, dove tutto si svolge in un’essenza immateriale, trasformando gli Eroi dell’impresa in protagonisti di un evento quasi cosmogonico. Secondo la tradizione, il canto di Orfeo è così potente da permettere alla nave Argo di solcare il mare, poiché le acque raggiungono l’imbarcazione solo grazie a lui. In questo modo, la tradizione concorda nel ritenere che il canto aureo di Orfeo sia capace di riportare nel mondo una perfezione e un’armonia ideali, di rendere anche le rocce e le belve più feroci, tenere e dolci.
Anche Ulisse affronta le sirene ma non è capace con la sua ragione di resistere, deve farsi legare per non seguire il loro invito a perdersi, a dimenticare se stesso. Orfeo invece trionfa sulle sirene e loro nel racconto si gettano sconfitte sugli irti scogli della Sardegna.
Il gruppo
L’artista rappresenta la prima delle due Sirene ( a destra nella foto) mentre intona ancora il suo canto ammaliatore, ma la “ferma” in quel momento con la sua scultura. La seconda Sirena, invece, ammette la sconfitta e rivela l’impossibilità di contrastare gli effetti liberatori della musica di Orfeo, esprimendo il suo dolore. Entrambe hanno il viso delicato e splendidi capelli riccioluti, indossano tuniche drappeggiate ma la loro natura ambigua è riconoscibile nella parte inferiore dove al posto delle gambe ci sono delle zampe sottili come quelle di una gru che terminano con artigli acuminati.
Orfeo siede a prua della nave, il suo sguardo è rilassato, le labbra dischiuse nel canto, il viso comunica armonia e pace, lui è la voce di Apollo. Tra le mani il plettro e, anche se perso, uno strumento a corde: la sua cetra. Il gruppo probabilmente ornava il sepolcro di un seguace di Pitagora che avrà scelto il soggetto per simboleggiare il trionfo dell’armonia sul caos.
Il ritorno
Quella di Orfeo e le Sirene è una storia a lieto fine perché l’opera ridotta in pezzi negli anni ’70, dopo tante peripezie torna ad essere ammirata nella città a cui appartiene insieme a molte opere di grande pregio che meritano di essere ammirate.
A seguire una breve galleria di foto frutto di una mia recente visita, per organizzare la visita anche al chiar di luna visitate il sito web del MARTA.




