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Da vedere tra Maggio e Giugno

Torino: Impressionisti tra sogno e colore

Al Mastio della Cittadella a Torino, c’è una mostra assolutamente imperdibile per gli amanti dell’arte: “Impressionisti tra sogno e colore“. Prodotta dalla società Navigare Srl, questa mostra rivoluzionaria ripercorre la storia degli impressionisti e dei post-impressionisti dell’Ottocento.

L’esposizione è imperdibile, la visiteremo a breve ma il numero e la qualità delle opere suggerisce l’eccezionalità dell’evento. Ci sono quasi 300 opere originali in mostra, tra dipinti, grafiche e ceramiche dipinte a mano. Queste opere sono un viaggio emozionante nel periodo tra il 1850 e il 1915, un’epoca segnata da grandi cambiamenti.

Gli artisti in mostra sono i grandi maestri francesi dell’epoca, inclusi Monet, Degas, Renoir, Cézanne, Gauguin e Pissarro, solo per citarne alcuni. Le loro opere catturano la magia dell’impressionismo e aprono la strada al post-impressionismo, con artisti come Toulouse-Lautrec, Derain e Picasso.

Questa mostra straordinaria è patrocinata dal Comune di Torino e dalla Regione Piemonte, e vanta un comitato scientifico internazionale di esperti d’arte di fama mondiale. È un evento unico, da non perdere assolutamente! Purtroppo, la mostra dovrà chiudere prima del previsto, il 4 giugno, per fare spazio a un’esposizione sulle armi militari. Quindi affrettatevi a visitarla e immergetevi nell’affascinante mondo degli impressionisti!

E. DEGAS, La scuola di danza, 1873

Perugia: Il meglio maestro d’Italia”. Perugino nel suo tempo

Fino all’11 giugno a Perugia uno degli eventi artistici più importanti dell’anno: la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia celebra il quinto centenario della morte di Pietro Vannucci con una mostra epica. Immagina immergerti nel cuore del Rinascimento, circondato dai capolavori di uno dei più grandi pittori del Quattrocento.

La pittura di Pietro Perugino si caratterizza per:

  • Armonia e serenità: I suoi dipinti sono pervasi da un senso di calma e tranquillità, con composizioni bilanciate e armoniose.
  • Dettagli accurati: Perugino è noto per la sua precisione nei dettagli, sia nel rappresentare le figure umane che negli elementi architettonici o naturalistici.
  • Prospettiva lineare: è un maestro nell’uso della prospettiva lineare, nelle sue opere c’è una spazialità profonda e tridimensionale.
  • Luminosità e delicatezza: I colori luminosi e delicati, spesso con tonalità pastello, caratterizzano le opere di Perugino, conferendo loro un’atmosfera eterea.
  • Eleganza delle figure: Le figure umane nei dipinti di Perugino sono caratterizzate da pose raffinate, espressioni serene e proporzioni ideali, che conferiscono loro un senso di grazia e perfezione.

Questa esposizione eccezionale, curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli, riporta in vita l’eredità di Perugino, presentando le sue opere più iconiche create prima del 1504. Le Gallerie degli Uffizi, la National Gallery di Washington, il Louvre di Parigi e altri prestigiosi istituti si uniscono in un evento unico che celebra la grandezza di Perugino nel suo tempo. Lasciamoci trasportare in un mondo di bellezza senza tempo!

P. PERUGINO, Lo sposalizio della Vergine, 1502, Caen

Conversano (Bari): Antonio Ligabue

Al Castello Aragonese di Conversano fino all’8 ottobre 2023 sarà possibile accostarsi alla pittura di Antonio Ligabue (1899-1965).

Ligabue affrontò diverse sfide personali e sociali durante la sua vita. Soffriva di problemi di salute mentale e visse in condizioni di povertà e isolamento. Nonostante le difficoltà, riuscì a trovare una forma di espressione attraverso la pittura, creando dipinti caratterizzati da colori vivaci e pennellate vigorose.

La sua arte fu riconosciuta solo verso la fine della sua vita. Nel 1961, la sua prima mostra personale fu organizzata a Venezia, ottenendo un notevole successo di critica. Dopo la sua morte nel 1965, Ligabue è stato considerato un autentico artista autodidatta e un importante esponente dell’arte naïf.

A Conversano si possono ammirare circa cinquanta dipinti ricchi di espressività e capaci di suscitare emozioni profonde e struggenti.

A. LIGABUE, Tigre con serpente da analisidellopera.it

Neve

In questi freddi giorni di inizio Gennaio molte zone del nostro Paese sono ricoperte di neve. Venti gelidi spirano un po’ ovunque trasformando i nostri consueti paesaggi, rendendoli qualche volta magici, in ogni caso diversi.

Dipingere paesaggi innevati è una prova notevole, si tratta di un soggetto rappresentato raramente prima del  XIX secolo, quando l’incanto delle nevicate diventa poetica visione per molti maestri della pittura.

In precedenza, nelle rappresentazioni artistiche la bianca coltre che caratterizza la stagione invernale era trattata poco frequentemente e con difficoltà, infatti spesso nelle opere più antiche appare come la neve fittizia del presepe di un dilettante fatta con della farina. La neve non è infatti semplicemente bianca, è fatta di cristalli di ghiaccio che riflettono la luce e i colori circostanti per cui è necessario impiegare cromie audaci, fondate sull’osservazione della luce delle sue variazioni, aspetti curati particolarmente da Monet e dagli altri impressionisti.

Tuttavia anche nei secoli precedenti alcuni artisti coraggiosi si sono cimentati con le visioni invernali; indimenticabile è la pagina di “Febbraio” dalle Très Riches Heures du Duc de Berry , uno dei manoscritti più famosi del gotico internazionale, in cui i fratelli Limbourg, uniscono alla funzione religiosa quella narrativa, raccontando, come in una novella di Boccaccio o Chaucer, scene di genere e brani di vita dei campi in cui uomini e bestie cercano di sopravvivere al gelido inverno imperante su di un paesaggio imbiancato che sullo sfondo si fa cartolina di Natale ante litteram.

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Febbraio, Fratelli Limbourg, 1412-16 ca., Musée Condé di Chantilly

Altri mirabili paesaggi innevati sono quelli rappresentati da Pieter Brueguel il Vecchio, un esempio è la splendida Caccia nella neve del 1565, in cui l’ampio panorama olandese è animato da innumerevoli figurine umane e animali in azione, con una linearità elegante, specialmente nel brano del volo dell’uccello nero o nella trattazione degli elementi vegetali spogli, alberi e arbusti. Le distese di neve candide sono messe in rilievo grazie alla preziosa e calda cromia delle case, dei cani  e dei cacciatori che fa da contraltare al grigio-azzurro metallico del cielo e degli specchi d’acqua.

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Pieter Brueguel il Vecchio, Cacciatori nella neve, 1565

Potremmo ricordare altri notevoli dipinti invernali opera di Rembrandt, Turner, Friedrich e Courbet -solo per citare i più famosi- ma a mio parere la rivoluzione nella trattazione degli elementi meteorologici avviene proprio con gli Impressionisti e con Monet in particolare. L’artista aderì completamente alla pratica della pittura en plein air e il suo obiettivo principale e infaticabilmente perseguito era quello di cogliere gli effetti mutevoli della natura. I testimoni della sua epoca lo ricordano imperterrito sotto le intemperie, alla ricerca di un raggio di luce, di un riflesso, di un’ombra colorata. E ai suoi discepoli consigliava:

“…cercate di dimenticare quali oggetti avete davanti, un albero, un campo…Pensate soltanto, quì c’è una macchia rosa, quì una striscia di giallo, e dipingeteli proprio come vi appaiono, l’esatto colore e l’esatta forma, finché non vi restituiscono l’impressione genuina della scena che avete dinanzi.”

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Claude Monet, Il calesse. Strada coperta di neve a Honfleur, 1867, Parigi, Museo d’Orsay

In questa delicata rappresentazione invernale le figure umane attraversano in calesse la strada innevata di Honfleur, il cielo che a uno sguardo superficiale appare bianco, è realizzato con un fondo di terra calda e luminosa che dona la sensazione della luce del sole velata dalle nuvole, la neve sul paesaggio e sui tetti riflette più chiara le stesse tonalità, rese abbaglianti dalla presenza in contrasto della terra d’ombra usata per la vegetazione, il carro e le case contadine. Il manto nevoso non è uniforme e  la sua variabilità non è determinata dalla sola presenza delle ombre come accadeva nel dipinto di Bruegel ma è in funzione delle interazioni luminose, del contrasto di zone calde e fredde. La materia è trattata con pennellate brevi e rapide e il risultato è un’immagine graficamente e cromaticamente armoniosa.

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Claude Monet, Effet de neige à Falaise, 1886

Monet lavorò a diverse opere dedicate all’osservazione dei paesaggi invernali, le sue numerose interpretazioni evidenziano una profonda sensibilità, una capacità di guardare la natura in modo nuovo, un modo che ha molta affinità con la poesia di Giovanni Pascoli.

Nevicata

Nevica: l’aria brulica di bianco;
la terra è bianca, neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco:
cade del bianco sopra un tonfo lieve.

E le ventate soffiano di schianto
E per le vie mulina la bufera:
passano bimbi: un balbettìo di pianto;
passa una madre: passa una preghiera.

G. Pascoli da Myricae

Il tema della neve ha un forte richiamo alla poetica del Fanciullino e del Simbolismo più in generale, la natura viene osservata con un approccio irrazionale e infantile, e i suoi elementi vengono rappresentati non per come sono oggettivamente ma come l’artista/il poeta li sente soggettivamente.

Monet in Effet de neige à Falaise lascia che la materia pittorica vibri di indeterminatezza, il paesaggio è suggerito, la vegetazione si fonde nel paesaggio come sferzata dal vento, i colori destano un senso di freddo e di isolamento.

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Monet, Neve ad Argenteuil, 1873, Tokyo

Isolamento che persiste anche nelle figure umane in lento cammino sui sentieri innevati della cittadina di Argenteuil, dove Monet soggiornò a lungo, a partire dal 1871, con la sua famiglia. Quì pure il vago chiarore dell’atmosfera invernale filtra attraverso la neve che dona una tonalità delicatamente rosata ed una sensazione di pacato silenzio, quasi si potessero sentire i passi lievi e ovattati sulla neve.

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Monet, Le  Givre, 1880, Museé d’Orsay

Ma è la magia del colore e del segno della pennellata a definire le visioni invernali di Monet. Quì più che altrove l’indefinito lascia spazio alle sensazioni, come nella lirica di Pascoli vi è qualcosa di irregolare, una creazione sempre più caotica, capace di stimolare l’immaginazione, di toccare ricordi lontani e frammentari ma tuttavia significativi.

Nell’ultimo dipinto le variazioni sul bianco sono minime, il cammino verso l’astrattismo è ormai avanzato, Monet ha sviluppato gli aspetti espressivi e simbolici della sua pittura che ha ormai smesso di essere cattura di un momento di realtà ed è divenuta percorso di ricerca della verità e del senso.

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Monet, Ghiaccio: effetto bianco, 1893

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